Geta | |
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Possibile busto di Geta | |
Imperatore romano | |
In carica | 209 – 4 febbraio 211 (con Severo e Caracalla) |
Predecessore | Settimio Severo |
Successore | Caracalla |
Nome completo | Publius Septimius Geta |
Nascita | Roma, 7 marzo 189 |
Morte | Roma, 19 dicembre 211 (22 anni) |
Luogo di sepoltura | Mausoleo di Adriano |
Dinastia | Severi |
Padre | Settimio Severo |
Madre | Giulia Domna |
Figli | nessuno |
Geta, figlio di Settimio Severo e Giulia Domna e fratello di Caracalla, (nome completo Publio Settimio Geta, in latino Publius Septimius Geta; Roma, 7 marzo 189 – Roma, 19 dicembre 211), fu un co-imperatore romano dal 209 al 211, prima col padre e poi col fratello.
Geta fu il figlio più giovane di Settimio Severo dalla seconda moglie Giulia Domna e nacque a Roma, quando suo padre era solo un governatore provinciale al servizio dell'imperatore Commodo. Dipinto nel tondo della famiglia dei Severi, insieme a Settimio Severo, Giulia Domna e Caracalla, la sua faccia fu cancellata a causa della damnatio memoriae ordinata da suo fratello Caracalla, che lo aveva fatto assassinare.
Geta fu sempre posto in secondo piano rispetto a suo fratello maggiore Caracalla. Forse per questo, le relazioni tra i due furono difficili sin dall'infanzia. I conflitti erano costanti e spesso richiedevano la mediazione della madre. Per placare il figlio più giovane,[senza fonte] Settimio Severo diede a Geta il titolo di "Cesare" nel 198.
Durante la campagna contro i Britanni dell'inizio III secolo, la propaganda imperiale pubblicizzava una famiglia felice che divideva le responsabilità del potere. Caracalla fu vicecomandante dell'esercito, Giulia Domna il consigliere di fiducia e Geta aveva compiti amministrativi e burocratici. Ma l'antipatia e la rivalità tra i due fratelli era ben lontana dall'essere risolta.
Quando Settimio Severo morì il 4 febbraio 211 a York, Caracalla e Geta furono proclamati insieme imperatori e ritornarono a Roma, ma l’anno seguente Geta venne fatto uccidere tramite un gruppo di centurioni da suo fratello Caracalla tra le braccia della madre Giulia Domna.[1]. Fu sepolto in una tomba creata per lui sul Settizonio costruito dal padre; in seguito la zia Giulia Mesa, sorella di Giulia Domna, lo fece inumare nel Mausoleo di Adriano,[2] anche se un edificio sulla via Appia, detto appunto Tomba di Geta, viene identificato col suo mausoleo.
Dopo il fratricidio, Caracalla infangò la sua memoria ed ordinò che il suo nome fosse rimosso da tutte le iscrizioni (damnatio memoriae). A quel punto come unico imperatore ebbe l'opportunità di sbarazzarsi dei suoi nemici politici: le fonti riferiscono che in questo periodo furono uccise o proscritte circa 20.000 persone.
Caracalla decise di eliminare per sempre le prove dell'esistenza del fratello attuando questa procedura riservata soltanto a uomini che con le loro azioni avevano macchiato l'onore romano. Esempi di Damnatio memoriae sono presenti sull'arco di Settimio Severo a Roma nel Foro, dove il nome di Geta venne cancellato e sostituito dalle parole optimis fortissimisque principibus, e nell'arco severiano di Leptis Magna, dove la figura di Geta è abrasa dall'arco stesso. La distruzione della memoria di Geta fu tra le più capillarmente eseguite nella storia di Roma, per questo trovarne tracce o ritratti è estremamente raro e difficile. Tra i possibili busti superstiti di Geta ne esiste uno nel Museo archeologico nazionale di Orvieto, che fu ritrovato sepolto con la testa appoggiata a una bozza di pietra a mo' di cuscino e un altro, rinvenuto presso Sabucina, esposto al Museo Archeologico di Caltanissetta.
Nella sua Historia Regum Britanniae, Goffredo di Monmouth sostiene che Geta fu nominato re britannico dalle legioni a York. In risposta, i britanni scelsero invece Caracalla. I due fratelli, però, discutevano per ogni cosa e alla fine Caracalla tentò di assassinare Geta durante i Saturnalia, senza però riuscirvi. Ma in dicembre, durante un incontro con il fratello, Caracalla fece uccidere Geta da un centurione.
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