« Tu, Fortuna del mondo romano, sei giustamente accusata a questo proposito, poiché fra l'imperversare delle catastrofi che annientavano a raffiche lo stato, ne hai consegnato le redini, strappate di mano ad una guida esperta [Giuliano] ad un giovane immaturo, che noto per non essersi mai distinto nella sua vita precedente in quest'ambito, non è giusto né biasimare né lodare. » |
(Ammiano Marcellino, Rerum gestarum libri, XXV, 9, 7) |
Gioviano | |
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Siliqua di Gioviano (363 circa) che celebra il suo quinto anno di regno come buon presagio. Gioviano, però, regnò solamente otto mesi. | |
Augusto dell'Impero romano d'Oriente | |
In carica | 27 giugno 363 - 17 febbraio 364 |
Predecessore | Giuliano |
Successore | Valentiniano I |
Nome completo | Flavio Claudio Gioviano |
Nascita | Singidunum, Mesia, 331 |
Morte | Dadastana, Bitinia, 17 febbraio 364 |
Consorte | Charito |
Figli | due figli, uno di nome Varroniano |
Flavio Claudio Gioviano (latino: Flavius Claudius Iovianus; Singidunum, 331 – Dadastana, 17 febbraio 364) fu imperatore romano dal giugno 363 alla sua morte.
Figlio del comes domesticorum Varroniano, Gioviano divenne comandante dei protectores domestici (primicerius) dell'esercito di Giuliano, dopo le dimissioni del padre. Il 26 giugno 363, l'imperatore Giuliano rimase ucciso in seguito alle ferite riportate in una battaglia contro i Sasanidi. Gioviano, che "godeva di una modesta fama per i meriti paterni", venne eletto (avventatamente a parere di Ammiano Marcellino[1]) imperatore da un consiglio di comandanti dell'esercito e delle legioni, dopo che la scelta era inizialmente ricaduta su Salustio, prefetto del pretorio d'Oriente, di maggiore esperienza, ma che rifiutò l'investitura adducendo motivi di salute e vecchiaia.
Una volta ottenuto il potere, Gioviano concluse con l'impero persiano una pace svantaggiosa per Roma, abbandonando i territori conquistati da Galerio in Mesopotamia nel 297, comprese le fortezze di Singara e Nisibi (più altri 15 castelli), e lasciando di fatto l'Armenia sotto il controllo dell'Impero persiano, il quale poté insediarvi un sovrano vassallo. Tale scelta fu aspramente criticata dallo storico del tempo Ammiano Marcellino che definì tale accordo "vergognosissimo" e "ignobile", a cui sarebbe stato preferibile "affrontare dieci battaglie" (Rerum gestarum libri, XXV, 7,10).
Abrogò i decreti del suo predecessore contrari alla chiesa cristiana (era egli stesso un cristiano), pur mantenendo una politica di tolleranza verso tutte le religioni, attirandosi l'odio e il sospetto dello stesso Ammiano (pagano, noto per l'appoggio dato a Giuliano), che questi definisce un debole, succube del Cristianesimo e incapace politicamente (a motivo della sua età giovane e della mancanza di esperienza).
Gioviano morì il 17 febbraio 364, dopo soli otto mesi di regno, probabilmente avvelenato casualmente dalle esalazioni di un braciere che teneva nella sua stanza a Dadastana in Bitinia mentre tornava con l'esercito dalla disastrosa spedizione militare contro l'Impero persiano; tra l'altro Ammiano Marcellino riporta (XXV, 10, 13) che l'opinione prevalente fu che l'imperatore fosse morto per indigestione.
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