Giulia Domna (latino: Iulia Domna; Emesa, 170 circa – Antiochia, 217) fu imperatrice romana, moglie dell'imperatore romano Settimio Severo, augusta dell'Impero romano e detentrice di un potere mai ottenuto prima dalle imperatrici romane.
Domna, figlia di Giulio Bassiano, gran sacerdote della divinità solare siriaca El-Gabal, nacque ad Emesa (l'attuale Homs, in Siria) attorno al 170. Tra il 185 e il 187, la notizia di un oroscopo, che presagiva a Giulia Domna un futuro sposo regale, spinse Lucio Settimio Severo, ambizioso proconsole della Gallia Lugdunensis, già comandante della Legio IIII Scythica (179), a chiederla in moglie. Dal matrimonio vennero ben presto alla luce due figli maschi, Lucio Settimio Bassiano (divenuto, dal 195, Marco Aurelio Antonino Caracalla) e Publio Settimio Geta. Nel 193, in occasione del conferimento ufficiale della dignità imperiale a Settimio Severo, acclamato imperatore dalle truppe di stanza in Pannonia, Giulia Domna ottenne il titolo di Augusta. Furono anche emesse monete a suo nome.
La costante presenza accanto al marito durante le spedizioni militari, valse all'Augusta la concessione del titolo mater castrorum (madre degli accampamenti), appellativo di recente coniazione, assegnato per la prima volta a Faustina Minore nel 174.
Giulia Domna esercitò, fin dall'inizio, un forte ascendente sulle decisioni del marito. Supportata dal notevole carisma di matrice orientale, l'imperatrice prese parte attiva all'amministrazione dell'impero, pur accontentandosi di agire a margine della scena politica nel pieno rispetto del mos romano, da sempre riluttante al conferimento di ruoli ed incarichi ufficiali alle donne.
Tra il 202 e il 205, l'acceso contrasto con Plauziano, prefetto del pretorio e consigliere, sempre più influente, di Settimio Severo, determinò il temporaneo e parziale ritiro dell'Augusta dalla vita pubblica. Il volontario allontanamento dall'ambiente di corte consentì a Giulia Domna di dedicarsi intensamente a studi filosofici e religiosi ed attorno alla sua figura venne formandosi un circolo di intellettuali, tra i quali si annoverano il medico Galeno e il filosofo Flavio Filostrato.
Durante il principato di Caracalla (211-217), la trascuratezza per gli affari dello stato, mostrata dall'imperatore, permise una sempre più diretta partecipazione dell'Augusta alla gestione del potere imperiale. La posizione primaria rivestita da Giulia Domna in ambito pubblico emerge con evidenza dall'altisonante titolatura Iulia pia felix Augusta mater Augusti nostri et castrorum et senatus et patriae, attestata con certezza a partire dal 211.
Inoltre, come testimoniato da Cassio Dione (Cassio Dione, Hist., LXXVII, 18, 2; LXXVIII, 4, 2 3), nel periodo della folle spedizione di Caracalla contro l'impero partico, all'imperatrice fu addirittura assegnato un incarico ufficiale, la sovrintendenza della corrispondenza imperiale.
Tuttavia, nel 217, la sorte cambiò improvvisamente. Appresa la notizia dell'assassinio di Caracalla e dell'acclamazione imperiale di Opellio Macrino, Giulia Domna, presumibilmente già malata, si lasciò morire di fame ad Antiochia, dove soggiornava, nel medesimo anno. Alla sua morte fu divinizzata.
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