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Repubblica Popolare Socialista d'Albania (1944 - 1992)from the Wikipedia | Read original article |
Albania | |||||
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Motto: Proletarë të të gjitha vendeve, bashkohuni!"(Proletari di tutto il Mondo Unitevi!) | |||||
Dati amministrativi | |||||
Nome completo | Repubblica Popolare Socialista d'Albania | ||||
Nome ufficiale | Republika Popullore Socialiste e Shqipërisë | ||||
Lingue parlate | albanese | ||||
Inno | Hymni i Flamurit | ||||
Capitale | Tirana | ||||
Politica | |||||
Forma di governo | Stato socialista | ||||
Organi deliberativi | Assemblea popolare | ||||
Nascita | 11 gennaio 1946 con Enver Hoxha | ||||
Fine | 22 marzo 1992 con Ramiz Alia | ||||
Causa | Festa democratica dell'Albania | ||||
Territorio e popolazione | |||||
Bacino geografico | Albania | ||||
Territorio originale | Albania | ||||
Economia | |||||
Valuta | Lek albanese | ||||
Religione e società | |||||
Religioni preminenti | Ateismo | ||||
Evoluzione storica | |||||
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Repubblica Popolare Socialista d'Albania (in albanese Republika Popullore Socialiste e Shqipërisë) fu il nome ufficiale dell'Albania comunista fra il 1976 e il 1992. Tale denominazione fu adottata in seguito all'entrata in vigore di una nuova costituzione, e sostituì quella di Repubblica Popolare d'Albania (Republika Popullore e Shqipërisë) in uso dal 1946.
Un gruppo di comunisti, sviluppatosi rapidamente durante la seconda guerra mondiale, eliminò tutti i potenziali nemici politici in Albania, ed isolò dal mondo il paese stabilendo la Repubblica popolare d'Albania, una dura dittatura comunista di stampo stalinista. Entro i primi mesi del 1945, i comunisti avevano liquidato, screditato, o mandato in esilio la maggior parte dell'élite culturale d'anteguerra del paese, cresciuta sotto il dominio italiano. Il ministro degli affari interni, Koci Xoxe, presiedette il processo e l'esecuzione di migliaia di oppositori politici, capi clan (l'Albania aveva una forte base tribale), e degli ex membri dei governi albanesi che vennero condannati come "criminali di guerra". Migliaia di loro familiari vennero incarcerati per anni in campi di lavoro basati su aziende agricole sorte in paludi o altri posti insalubri. Perfino gli stranieri (tra cui molti italiani) furono trattenuti forzatamente nel paese. I comunisti effettuarono il consolidamento del controllo anche attraverso uno spostamento del potere politico in Albania dalle popolazioni del nord, i Gheghi, verso gli abitanti del sud, i Toschi. La maggior parte dei leader comunisti provenivano infatti dalla borghesia Tosca, Vlaka e ortodossa mentre i Gheghi, con la loro secolare tradizione di opposizione al potere centrale, erano guardati con sospetto ed emarginati dai nuovi governanti albanesi.
Nel dicembre 1945 gli Albanesi elessero una nuova Assemblea popolare, ma solo i candidati del Fronte Democratico (in precedenza il movimento di liberazione nazionale, denominato Fronte di liberazione nazionale), ribattezzato NLM, apparvero nelle liste elettorali; i comunisti utilizzarono tattiche di terrore soprattutto per imbavagliare l'opposizione. Lo scrutinio ufficiale mostrò che il 92% degli elettori aveva votato e che il 93% degli elettori aveva scelto il Fronte Democratico[senza fonte]. L'assemblea convocata nel mese di gennaio 1946 sfiduciò la monarchia, rappresentata da re Zog, trasformando l'Albania in una "repubblica popolare". Dopo mesi di acceso dibattito, l'assemblea adottò una Costituzione simile a quella della Repubblica jugoslava di Macedonia, che si richiamava alla costituzione sovietica. In primavera i membri dell'assemblea scelsero un nuovo governo. Enver Hoxha, primo segretario del Partito Comunista, divenne sia primo ministro che ministro degli esteri e della difesa, nonché comandante delle forze armate, mentre Xoxe ricoprì la carica di ministro degli interni e diresse la segreteria organizzativa del partito comunista albanese. Tra la fine del 1945 e l'inizio del 1946, Xoxe ed altri esponenti della linea dura eliminarono gli elementi moderati che avevano premuto per stringere i contatti con l'Occidente, ed avere un minimo di pluralismo politico, chiedendo inoltre un ritardo nell'introduzione di severe misure economiche comuniste fino a quando l'Albania non avesse sviluppato un'economia di mercato. Hoxha invece spinse il paese verso un isolazionismo sempre più accentuato, sulla base di un marxismo-leninismo antirevisionista; Hoxha rimase al potere, tuttavia in un'occasione sostenne il ripristino delle relazioni con l'Italia e consentitì anche ad alcuni albanesi di studiare in Italia.
Fino a quando la Jugoslavia non venne espulsa dal Cominform nel 1948, l'Albania agì come un satellite della nazione di Tito, che mirava ad annettere l'intero paese nella Jugoslavia. Dopo il ritiro della Germania dal Kosovo alla fine del 1944, i partigiani comunisti jugoslavi presero possesso della provincia e compirono massacri di ritorsione contro gli Albanesi. Contrariamente all'atteggiamento tenuto prima della seconda guerra mondiale, quando il partito comunista della Jugoslavia sosteneva l'unificazione del Kosovo con l'Albania, il regime comunista jugoslavo nel dopoguerra insistette sul mantenimento del paese entro le frontiere anteguerra. Nel 1943 ripudiando l'accordo di Mukaj[1], sotto la pressione delle autorità jugoslave l'Albania comunista aveva acconsentito a restituire il Kosovo alla Jugoslavia dopo la guerra. Nel gennaio 1945, i due governi firmarono un trattato che reincorporava il Kosovo alla Jugoslavia come una provincia autonoma. Poco dopo, la Jugoslavia divenne il primo paese a riconoscere il governo provvisorio albanese.
Nel luglio 1946, la Jugoslavia e l'Albania firmarono un trattato di amicizia e di cooperazione che fu rapidamente seguito da una serie di accordi tecnici ed economici con l'intento di porre le basi per l'integrazione delle economie albanese e della repubblica jugoslava di Macedonia. I patti erano di coordinare i piani economici di entrambi gli Stati, standardizzando i loro sistemi monetari, con la creazione di un sistema di prezzi comune e un'unione doganale. Così stretto era il rapporto con la repubblica jugoslava di Macedonia, che il serbo-croato divenne materia di studio nelle scuole superiori albanesi. La Jugoslavia firmò un trattato di amicizia simile con la Bulgaria, e il maresciallo Tito e il presidente della Bulgaria Georgi Dimitrov parlarono di piani per creare una federazione balcanica che includesse l'Albania, la Jugoslavia, e la Bulgaria. Consulenti jugoslavi si riversarono negli uffici del governo dell'Albania e nel suo esercito. Tirana cercava disperatamente aiuti all'esterno, e circa 20.000 tonnellate di grano provenienti dalla repubblica jugoslava di Macedonia permisero di evitare la carestia. L'Albania ricevette inoltre 26,3 milioni di dollari USA dalla United Nations Relief and Rehabilitation Administration, organizzazione delle Nazioni Unite, immediatamente dopo la guerra, e tuttavia dovette fare affidamento sulla Jugoslavia per gli investimenti e gli aiuti allo sviluppo.
Il governo jugoslavo chiaramente considerava gli investimenti in Albania come un investimento per il futuro della Jugoslavia stessa. Imprese congiunte tra l'Albania e la repubblica jugoslava di Macedonia vennero create per l'estrazione mineraria, la costruzione delle ferrovie, la produzione di petrolio e di elettricità, e per il commercio internazionale. Gli investimenti della repubblica jugoslava di Macedonia portarono alla costruzione di una raffineria di zucchero a Coriza, un impianto di trasformazione alimentare ad Elbasan, una fabbrica di canapa a Rrogozhinë, un conservificio ittico a Valona, e una tipografia, una centrale telefonica, e ed una manifattura tessile a Tirana. Gli jugoslavi rafforzarono anche l'economia albanese pagando il triplo del prezzo sul mercato mondiale per rame e altri materiali di produzione albanese.
Le relazioni tra l'Albania e la Jugoslavia peggiorarono tuttavia, quando gli albanesi cominciarono a lamentarsi che la Jugoslavia pagasse troppo poco le materie prime albanesi e sfruttasero l'Albania attraverso le joint-ventures. Inoltre gli albanesi richiedevano i fondi di investimento per sviluppare industrie, elettrificazione ed una raffineria di petrolio, mentre gli jugoslavi avrebbero voluto che gli albanesi si fossero concentrati sull'agricoltura e sull'estrazione delle materie prime. Nako Spiru, capo della Commissione di pianificazione economica albanese e uno degli alleati di Hoxha, diventò il principale critico degli sforzi economici jugoslavi per esercitare il controllo sull'Albania. Tito perdette la fiducia in Hoxha e negli altri intellettuali albanesi e, attraverso Xoxe e i suoi fedeli, tentò di scalzarli dal potere.
Nel 1947, i leader della Jugoslavia organizzarono un'offensiva contro i comunisti albanesi anti-jugoslavi, tra cui Hoxha e Spiru. Nel mese di maggio, Tirana annunciò l'arresto, il processo e la condanna di nove membri dell'Assemblea popolare, tutti noti per opporsi alla Jugoslavia, con l'accusa di attività contro lo Stato. Un mese più tardi, il Comitato Centrale del partito comunista della Jugoslavia accusò Hoxha di aver seguito politiche "indipendenti" e sobillato il popolo albanese contro la Jugoslavia. Sembra che nel tentativo di acquistare il sostegno all'interno del Partito comunista albanese di Tirana, Belgrado avesse fornito crediti per un valore di 40 milioni di dollari USA, un importo pari al 58% del bilancio statale 1947 dell'Albania. Un anno più tardi, i crediti della Jugoslavia rappresentavano quasi la metà del bilancio dello Stato. Le relazioni peggiorarono in autunno, tuttavia, quando la commissione di Spiru mise a punto un piano economico che enfatizzava l'autosufficienza, l'industria leggera e l'agricoltura.
Gli Jugoslavi disapprovarono aspramente e, quando Spiru venne a trovarsi al centro delle critiche e non riuscì a guadagnare l'appoggio di nessuno tra il gruppo dirigente comunista albanese, si suicidò.
La insignificanza della posizione albanese nel mondo comunista venne chiaramente sottolineata quando le altre nazioni emergenti dell'est Europa non invitarono il partito comunista albanese all'incontro fondante del Cominform nel 1947. Per contro, fu la Jugoslavia a rappresentare l'Albania agli incontri del Cominform. Benché l'Unione Sovietica avesse dato all'Albania un aiuto nel costruire l'impianto tessile e lo zuccherificio ed altre fabbriche ed a fornire all'Albania macchinari agricoli ed industriali, Stalin disse a Milovan Djilas, al tempo un membro di alto grado della gerarchia comunista jugoslava, che la Jugoslavia avrebbe dovuto "inglobare" l'Albania[senza fonte].
La fazione pro-Jugoslavia ottenne il potere politico decisivo in Albania ben entro il 1948. Ad un plenum del partito in febbraio e marzo, la dirigenza comunista votò per fondere le economie e le forze armate jugoslave ed albanesi. Hoxha, opportunista fino in fondo, denunciò anche Spiru per aver tentato di deteriorare le relazioni jugoslavo-albanesi. Durante un incontro del Politburo del partito un mese più tardi, Xoxe propose di appellarsi a Belgrado per l'ammissione dell'Albania come settima repubblica jugoslava.
Quando il Cominform espulse la Jugoslavia il 28 giugno, comunque, l'Albania fece un rapido voltafaccia nella sua politica verso la Jugoslavia. La mossa salvò sicuramente Hoxha da una squadra di assassini, così come condannò Xoxe. Tre giorni più tardi, Tirana diede ai consiglieri Jugoslavi in Albania 48 ore per lasciare il paese, rescindendo tutti gli accordi economici con il suo vicino, e lanciò una virulenta campagna di propaganda anti-Jugoslava che trasformò Stalin in un eroe nazionale albanese, Hoxha in un combattente contro l'aggressione straniera e Tito in un mostro imperialista.
L'Albania entrò nell'orbita dell'Unione Sovietica, e nel settembre 1948 Mosca entrò in gioco per compensare la perdita per l'Albania dell'aiuto jugoslavo. Il passo si rivelò proficuo per l'Albania, in quanto Mosca aveva molto più da offrire di quanto non avesse la meno florida Belgrado. Il fatto che l'Unione Sovietica non avesse confini comuni con l'Albania era positivo per il regime di Tirana perché rendeva più difficile per Mosca esercitare pressioni su Tirana. In novembre, al primo congresso del partito albanese del lavoro (APL), il partito comunista albanese cambiò nome su suggerimento di Stalin.
Hoxha puntò l'indice per i problemi del paese sulla Jugoslavia e Xoxe. Hoxha rimosse Xoxe dalla carica di ministro per gli affari interni in ottobre, rimpiazzandolo con Shehu. Dopo un processo segreto nel maggio 1949, Xoxe fu ucciso. Le successive purghe anti-titoiste in Albania portarono alla liquidazione di 14 membri del Partito, 31 persone del Comitato Centrale e 32 dei 109 deputati dell'Assemblea del Popolo. Soprattutto, il partito espulse circa il 25% dei suoi membri. La Jugoslavia rispose con un contrattacco propagandistico, cancellò i suoi trattati di amicizia con l'Albania, e nel 1950 ritirò la sua missione diplomatica da Tirana.
Hoxha si dichiarava un marxista-leninista ortodosso, grande ammiratore del dittatore sovietico Stalin. Prese come modello l'Unione Sovietica e irrigidì le relazioni con i suoi vecchi alleati, i comunisti jugoslavi, in seguito alla condanna della loro ideologia, decisa a Mosca nel 1948. Il suo ministro della difesa, Koçi Xoxe (/'kɔʧi 'ʣɔʣɛ/), fu condannato a morte e giustiziato un anno dopo per attività pro-jugoslave.
Fino a quando la Jugoslavia non venne espulsa dal Cominform nel 1948, l'Albania agì come un satellite della federazione di Tito, che la rappresentava alle riunioni del Cominform. Nella possibilità di un'invasione occidentale o jugoslava, dal 1950 Hoxha fece costruire in tutto il paese migliaia di bunker in cemento per una persona, per essere usati come posti di guardia e ricoveri di armi; il loro numero potrebbe essere superiore ai 500.000. La loro costruzione accelera quando nel 1968 esce ufficialmente dal Patto di Varsavia, aumentando il rischio di un attacco straniero.
Hoxha rimase un convinto stalinista nonostante la relazione del ventesimo congresso del Partito Comunista Sovietico, e questo significò l'isolamento dell'Albania dal resto dell'Europa orientale comunista. Hoxha era deciso di seguire la politica stalinista e criticando i revisionisti russi di aver cambiato il loro sistema economico.
Nel 1960 Hoxha avvicinò l'Albania alla Repubblica Popolare Cinese in seguito alla crisi sino-sovietica, compromettendo le relazioni con Mosca negli anni seguenti. Nel 1968 l'Albania si ritirò dal Patto di Varsavia come reazione all'invasione sovietica della Cecoslovacchia.
Nel 1967, dopo due decenni di ateizzazione sempre più forte, Hoxha dichiarò trionfalmente che la nazione era il primo paese dove l'ateismo di stato era scritto nella Costituzione. In quella del 1976 l'articolo 37 recitava: "Lo Stato non riconosce alcuna religione e sostiene la propaganda atea per inculcare alle persone la visione scientifico-materialista del mondo", mentre il 55 proibiva la creazione "di ogni tipo di organizzazione di carattere fascista, anti-democratico, religioso o anti-socialista" e vietava "l'attività o propaganda fascista, anti-democratica, religiosa, guerrafondaia o anti-socialista, come pure l'incitazione all'odio nazionale o etnico". L'articolo 55 del codice penale del 1977 stabiliva la reclusione da 3 a 10 anni per propaganda religiosa e produzione, distribuzione o immagazzinamento di scritti religiosi. Parzialmente ispirato dalla Rivoluzione Culturale in Cina, egli procedette alla confisca di moschee, chiese, monasteri e sinagoghe. Molti di questi furono trasformati in musei o uffici pubblici, altri in officine meccaniche, magazzini, stalle o cinema. Ai genitori fu proibito dare nomi religiosi ai figli. I villaggi con nomi di santi furono rinominati con nomi non religiosi.
Secondo un rapporto di Amnesty International pubblicato nel 1984, lo stato dei diritti umani in Albania era cupo sotto Hoxha. A causa dell'isolamento e del deperimento dei rapporti con il blocco sovietico, alcuni diritti civili come la libertà di parola, di religione, di stampa e di associazione, sebbene la costituzione del 1976 li enunciasse, vennero sensibilmente compressi con una legge del 1977, per garantire stabilità ed ordine.
La morte di Mao nel 1976, e la sconfitta della cosiddetta Banda dei quattro nella successiva lotta intestina al partito comunista cinese nel 1977 e 1978 portò alla rottura tra Cina e Albania, che si ritirò in un isolamento politico, mentre Hoxha si ergeva a baluardo anti-revisionista criticando sia Mosca che Pechino.
Nel 1981 Hoxha ordinò l'arresto e l'esecuzione capitale di diversi dirigenti di partito e di governo accusati di corruzione e di attività controrivoluzionaria. Probabilmente per questo motivo il Primo ministro Mehmet Shehu, la seconda figura politica del regime, si "suicidò" nel dicembre 1981.
La repressione politica di Hoxha in Albania provocò migliaia di vittime. R. J. Rummel aveva ipotizzato 100.000 uccisioni (1945-87). Il Washington Times il 15 febbraio 1994 ha stimato da 5.000 a 25.000 esecuzioni politiche. Il WHPS ha parlato di 5.235 oppositori del regime giustiziati dal 1948 al 1952. L'ultima cifra, che appare come la più verosimile, è quella fornita l'8 agosto 1997 dal New York Times, che ha parlato di 5.000 esecuzioni politiche. Invece la prima cifra, quella di Rummel, sembra ormai data come esagerata.
Dopo la morte di Enver Hoxha (1985), Ramiz Alia assunse anche la carica di segretario del Partito Comunista Albanese (denominato "Partito del lavoro"). Il regime di Alia comportò una certa distensione sia interna che in politica estera mentre il potere del partito comunista si indeboliva.
Alia si impegnò nelle pubbliche sedi a mantenere i principi del suo predecessore, ma prendendo il potere diede inizio a una tendenza parzialmente riformista incentrata su un decentramento economico e su incentivi materiali per i lavoratori albanesi. Tuttavia i problemi di sistema che Hoxha aveva lasciato in eredità con la propria politica erano di una natura e dimensione tale da rendere necessaria un'attenzione drastica ed immediata, e il tentativo di Alia negli anni 1985-1989 volto a revisionare il sistema fu insufficiente a scongiurare il disastro. Rieletto alla guida dello Stato dopo le elezioni presidenziali del 1987, avviò una timida apertura politica.
La caduta del comunismo in Albania è iniziata nel dicembre dell'anno 1990 con le manifestazioni studentesche. Le elezioni del marzo 1991 lasciarono i comunisti ancora al potere, ma uno sciopero generale e l’opposizione cittadina decisa ha esercitato pressione per la creazione di un governo di coalizione, che includeva anche non-comunisti. I comunisti furono sconfitti alle elezioni del marzo 1992, questo tra il collasso economico e i disordini sociali.
Nel 1990, contestualmente alla caduta dei regimi comunisti dell'Europa orientale, Ramiz Alia introdusse il multipartitismo. Eletto nel 1991 alla presidenza della repubblica, Alia si dimise il 3 aprile 1992 dopo la vittoria elettorale del Partito Democratico d'Albania di Sali Berisha. In seguito fu arrestato con l’accusa di corruzione e rilasciato dal carcere nel luglio 1995.
Segretari generali del Partito del Lavoro dell'Albania:
Presidenti del Presidio dell'Assemblea popolare: